sabato 30 novembre 2013

BRIOCHE "DA URLO" DI MARIABIANCA!!

 



 
"PREFAZIONE"
Oggi vi propongo una ricetta che già da tempo è in circolazione sul web. A dire il vero, qualche giorno fa, l'ha proposta è divulgata la nostra amica, maestra, Mariabianca, che tutti conoscete per le sue qualità culinarie oltre ad essere una vera è brava insegnante scolastica, nel suo blog con il suo bellissimo post ed io non faccio altro che fare questo passaggio di mano, trascrivendovi tal quale la ricetta senza modificare nulla perché ritengo che sia inutile farlo, datosi che la base degli ingredienti e la procedura deve rimanere tale, è anche per una forma di educazione, pricipalmente. Mi scuso con la signora Mariabianca per il fatto di non averla avvisata, se è successo perché questa brioche mi ha subito intrigato per la sua facilità di esecuzione a tal punto che la dovevo subito provare senza riflettere che almeno un piccolo commento glielo dovevo fare, mi perdoni ma la mia passione per i lievitati mi porta certe volte ad errare, di solito non è da me, anzi al dire il vero chi mi conosce lo sa che sono il primo ad avvisare in queste occasioni. Non posso fare altro che mostrare le foto del risultato finale confermando la vericità della ricetta stessa è la meravigliosa morbidezza della pasta. Speranzoso di essere perdonato, l'assicuro, da parte mia, che la prossima volta non accadrà più. Di seguito trascrivo il link della sua ricetta: Il pan brioche senza impasto...."da urlo"  così tutti possono passare da lei è vedere se dico la verità. Grazie^__^!!
INGREDIENTI:
250 g di farina Manitoba
2 uova a temperatura ambiente
75 ml di acqua tiepida
100 g di burro liquefatto e poi lasciato raffreddare
50 g di miele(liquido)di arancio
12 g di lievito di birra
un pizzico di sale
INOLTRE:
Un tuorlo
Pochissimo latte
Granella di zucchero
Marmellata di arancie amare
Top gusto cioccolato
Uno stampo da plumcake
Burro e carta da forno per lo stampo
PROCEDIMENTO:
Limitarsi a sciogliere il lievito di birra nell'acqua.
Infine, in una ciotola, inserire tutti gli ingredienti e mescolare con una semplice forchetta (altro che gancio per incordare!!!!!!!) fino ad avere un impasto senza grumi.
PRONTO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Coprite la ciotola con uno strofinaccio da cucina e mettere in forno spento(prima acceso a 50° e poi spento). Lievitare per 2 ore.
NOTA: dopo questa prima lievitazione l'impasto rimane tale e quale, ma nessuna preoccupazione perché poi i risultati ci saranno lo stesso.

Trascorse le due ore passare la ciotola in frigorifero per un giorno intero più una nottata...ma poi non c'é l'ho fatta più a resistere....
Tolta la pasta dal frigo metterla su una spianatoia cosparsa di poca farina e dare la forma desiderata. C'é chi ha fatto una treccia, chi quattro grosse palle accostate le une alle altre.
P.S: un extra non necessario ma che io ho fatto è stato quello di dare qualche piega alla pasta prima di fare le palline. Ho letto che qualche signora consigliava di dare le pieghe alla Bonci. Siccome io conosco solo i due tipi di pieghe del maestro Adriano Continisio, mi sono andata a vedere un video in cui Bonci fa la pizza con queste pieghe.....ma presa dall'euforia e tenendo anche conto della velocità con cui Bonci dava le pieghe, non ci ho capito niente ed ho proceduto a casaccio: ho allargato lievemente l'impasto con le mani, ho dato un colpo, con il taglio della mano, al centro dell'impasto ed ho richiuso la pasta.....ho ripetuto altre due volte e poi ho fatto le palline.
Ho l'impressione di non essere stata chiara.....per chi vuole fare le pieghe alla Bonci (molte non le hanno fatte) consiglio di cercare il video.

Avendo voglia di "inventare" mi sono fatta 12 palline medie e tante palline piccole fino a terminare la pasta.
Su uno stampo da plumcake lievemente imburrato e con al fondo una striscia di carta forno, ho deposto le palline medie e, sopra di esse, le palline piccole (vedi foto in basso).
Eccitata come non mai, ho rimesso a lievitare per 2 ore aspettando trepidamante (solo gli impasti lievitati mi danno questa trepidazione!!!!!!!!!!!!!!!!).
Il "miracolo" è avvenuto: la pasta ha raggiunto un ottimo livello di lievitazione...è quasi pronta per il forno.
Dico quasi perché bisogna spennellare il pan brioche con un tuorlo d'uovo diluito di latte e cospargere sopra una manciata di candita granella di zucchero.
Infornare a 170° per 25 minuti.
Servire a fette con marmellata di arance e/o top al cioccolato.
P.S.: come leggete ho riportato precisamente tutto quanto ha descritto la signora Mariabianca, in questa sua performans, senza cambiare una virgola, confermando e attestando la verità della procedura per l'esito finale, basti guardare le mie foto con quelle di Mariabianca per notare l'uguaglianza, la facilità è tutta la bontà di questa brioche STRAORDINARIA!!!
"BUONA VITA A TUTTI"
       




        

lunedì 18 novembre 2013

"TARALLE, TARALLE CAVERE!!!"





 













PREFAZIONE
All'inizio dell'800 il tarallo "nzogn e pepe" si arricchì di un ingrediente che tuttora ne fa parte con il suo sapore va infatti a nozze col pepe: la mandorla. Ancora oggi non si sa chi l'abbia per primo aggiunta al tarallo, ma chiunque sia stato, merita tutta la nostra gratitudine partenopea. Il tarallo faceva del bene a tutti: al fornaio, che utilizzava la pasta di pane rimasta, con poca fatica: e al popolo, che a pochi soldi se lo comprava. Il tarallo era una vera benedizione per la borsa, ma pure per il palato, e per la sopravvivenza: il grasso che contiene è infatti molto calorico. Per la sua caratteristica di cibo povero, il tarallo andava via come il pane, da cui in fondo deriva. Lo si consumava nelle osterie, in cui si accompagnava a del vino spesso assai poco pregiato. Da una parte aumentandone il consumo ( il pepe porta sete) ma dall'altra riducendone gli effetti negativi su stomaci altrimenti vuoti. Gli specialisti del tarallo sostengono che vada mangiato inzuppato nell'acqua di mare. Oggi questa raffinatezza va evitata, dato lo stato dei nostri mari: ma anche in passato, quest'uso dev'essere stato responsabile di molte gastroenteriti. I taralli sono uno sfizio tutto napoletano. E' tuttora un classico comprarli a Margellina nei chioschetti sistemati sul lungomare(adesso ne sono rimasti soltanto alcuni), e sgranocchiarli passeggiando col Vesuvio da un lato e Posillipo dall'altro. Una volta i taralli napoletani non aspettavano i clienti nei chioschi, o nelle panetterie, come oggi; gli andavano incontro per le strade. Il "tarallaro" era una figura caratteristica. Con la sua cesta sulle spalle, batteva senza posa la città per vendere i taralli ai passanti. Oggi è sparito, ma quello che scompare nella realtà sopravvive nel linguaggio: ancora adesso, per indicare una persona senza voce in capitolo, sbattuta di qua e di là dagli eventi, e costretta ad affaccendarsi senza sosta, si dice "me pare 'a sporta d' o tarallaro!"Nei suoi in terminabili giri, il tarallaro dava la voce: "Taralle, taralle cavere!"E caldi, dovevano essere tassativamente, per poter sprigionare la loro caratteristica fragranza, e invogliare la gente all'acquisto. Era per questo, e non per motivi igienici(a quell'epoca ci si badava poco), che il tarallaro copriva la sua preziosa merce con una coperta. Oggi, la morte sua(cioè la maniera migliore di consumarlo) è infatti con la birra, meno alcolica del vino cui si accompagnava prima. Nelle birrerie e nei pub, frequentati dai ragazzi, taralli e birra formano attualmente un duo ben affiatato, e particolarmente richiesto. Grazie a queste nuove abitudini di consumo, attualmente il tarallo lo si trova pure al supermercato, per lo meno nelle catene migliori. Ben impacchettato, confezionato sotto vuoto, con l'indicazione: "riscaldare prima dell'uso". Non c'è bisogno del forno a microonde: è sufficiente un semplice termosifone, per sprigionare quel po' di calore che basta perché la sugna liberi nuovamente tutto il suo aroma, e la mandorla dia il meglio di se. A proposito: l'esame della mandorla è un ottimo test per valutare la freschezza del tarallo. Se è ancor bella dura, ed è profumata, tutto OK. Se invece è molle, e non emana alcun odore, vuol dire che il tarallo e vecchio.
Cari amiche/ci, questa è una mia piccola ricerca che ho fatto su questo delizioso e sublime biscotto rustico che non manca mai a noi napoletani. In giro ci sono diverse ricette e diversi modi di cottura per prepararli. Con la ricetta che sto per trascrivere, direi che è stata quella che maggiormente mi ha soddisfatto perché si avvicina molto ai taralli che vendono nei negozi, qui a Napoli. Basta avere della sugna paesana e delle mandorle di buona qualità per assaporare e degustare il vero tarallo napoletano. 
"PAROLA DI BABBà... PROVARE PER CREDERE!!
COSA VI SERVE:
Un impastatrice
Una ciotola con coperchio
Una lastra da forno
Carta da forno
Un coltello
Manipolazione
INGREDIENTI:
Per la biga:
160 g di farina Manitoba
1 bustina di lievito secco(io Mastro Fornaio della Pane Angeli)
80-90 ml di acqua naturale in bottiglia
Per l'impasto:
450 g di farina Manitoba
180 ml di acqua naturale imbottigliata a temperatura ambiente
240 g di sugna paesana
300 g di mandorle di buona qualità spezzettate con un coltello
14 g di sale fino
3 grammi di pepe nero
2 cucchiaini di di zucchero semolato
PROCEDURA:
La sera prima, fate la biga con la farina miscelata al lievito secco e l'acqua a temperatura ambiente in una ciotola e mescolate il tutto per avere una pasta morbida e un po' appiccicosa come si vede nella foto. Coprite la ciotola con il suo coperchio e lasciate che lieviti per un minimo di 12 ore. Se l'ambiente di casa vostra non è molto freddo lasciate la ciotola col coperchio con sopra un tovagliolo leggero, se invece e l'incontrario mettetela sotto al forno con la lucetta accesa.
La mattina avanti fate l'impasto in questo modo: mettete la farina, la biga, il pepe e lo zucchero e incominciate a impastare con il gancio a uncino a velocità 1, introducete l'acqua, in cui avete sciolto il sale, lentamente e continuate a impastare fino a quando la pasta si stacca dalle pareti dalla ciotola. A questo punto aggiungete le mandorle che avrete spezzettato con un coltello e appena si sono amalgamate all'impasto introducete la sugna e impastate. Appena l'impasto si stacca dalle pareti della ciotola, spegnete la macchina, prelevate la pasta e depositatela in una ciotola e fatela lievitare per un ora.
Riversate l'impasto lievitato su di un piano pulito il quale non andrà ne unto e ne infarinato. Prelevate un pezzo alla volta e formate un salsicciotto lungo 20 cm., portate le due punte verso di voi e formate una treccia(come si vede nella foto). Riprendete di nuovo le due punte e unitele per formare il tarallo. Mano mano che li formerete, sistemateli sulla piastra ricoperta di carta forno allineati e distanziati fra di loro di un centimetro. Quando avete riempito tutta la piastra, metteteli a lievitare sotto al forno intiepidito per un'ora. Avvenuta la lievitazione, non vi resta che preriscaldare il forno(il mio e a gas) a 150°C ventilato. Infornate e cuocete per un'ora fino a quando vedrete che si sono ben dorati e biscottati. Servite i taralli caldi per assaporare tutto il loro aroma, si possono conservare per diversi giorni se sono messi sottovuoto.
N:B.: ci sono diversi modi per la cottura di questi taralli, vi ho dato quella meno impegnativa cioè quella diretta con la sola temperatura descritta. Altri li cuociono con diverse temperature partendo inizialmente con 200°C per i primi 15 minuti, poi a 180°C per altri 15 minuti, poi a 160°C per altri 15 minuti, poi altri 15 minuti a 140°C per farli biscottare. Altri ancora li cuociono per mezzora a 200°C, poi estraggono la piastra dal forno per farli un po' raffreddare e poi li rimettono in forno a 140°C fino a quando si sono biscottati. Vi ho trascritto queste fasi che ognuno adopera per la cottura del tarallo perché è importante la sua biscotta tura per far sì che il suo interno si asciughi bene perché tende a rimanere umido. Spero di essere stato alquanto chiaro in questa mia descrizione. Babbà vi ringrazia di cuore e manda a tutti tanti bacioni affettuosi!!
"BUONA VITA A TUTTI"     

domenica 17 novembre 2013

"TARALLE, TARALLE CAVERE!!"

    
















PREFAZIONE
All'inizio dell'800 il tarallo "nzogn e pepe" si arricchì di un ingrediente che tuttora ne fa parte con il suo sapore va infatti a nozze col pepe: la mandorla. Ancora oggi non si sa chi l'abbia per primo aggiunta al tarallo, ma chiunque sia stato, merita tutta la nostra gratitudine partenopea. Il tarallo faceva del bene a tutti: al fornaio, che utilizzava la pasta di pane rimasta, con poca fatica: e al popolo, che a pochi soldi se lo comprava. Il tarallo era una vera benedizione per la borsa, ma pure per il palato, e per la sopravvivenza: il grasso che contiene è infatti molto calorico. Per la sua caratteristica di cibo povero, il tarallo andava via come il pane, da cui in fondo deriva. Lo si consumava nelle osterie, in cui si accompagnava a del vino spesso assai poco pregiato. Da una parte aumentandone il consumo ( il pepe porta sete) ma dall'altra riducendone gli effetti negativi su stomaci altrimenti vuoti. Gli specialisti del tarallo sostengono che vada mangiato inzuppato nell'acqua di mare. Oggi questa raffinatezza va evitata, dato lo stato dei nostri mari: ma anche in passato, quest'uso dev'essere stato responsabile di molte gastroenteriti. I taralli sono uno sfizio tutto napoletano. E' tuttora un classico comprarli a Margellina nei chioschetti sistemati sul lungomare(adesso ne sono rimasti soltanto alcuni), e sgranocchiarli passeggiando col Vesuvio da un lato e Posillipo dall'altro. Una volta i taralli napoletani non aspettavano i clienti nei chioschi, o nelle panetterie, come oggi; gli andavano incontro per le strade. Il "tarallaro" era una figura caratteristica. Con la sua cesta sulle spalle, batteva senza posa la città per vendere i taralli ai passanti. Oggi è sparito, ma quello che scompare nella realtà sopravvive nel linguaggio: ancora adesso, per indicare una persona senza voce in capitolo, sbattuta di qua e di là dagli eventi, e costretta ad affaccendarsi senza sosta, si dice "me pare 'a sporta d' o tarallaro!"Nei suoi in terminabili giri, il tarallaro dava la voce: "Taralle, taralle cavere!"E caldi, dovevano essere tassativamente, per poter sprigionare la loro caratteristica fragranza, e invogliare la gente all'acquisto. Era per questo, e non per motivi igienici(a quell'epoca ci si badava poco), che il tarallaro copriva la sua preziosa merce con una coperta. Oggi, la morte sua(cioè la maniera migliore di consumarlo) è infatti con la birra, meno alcolica del vino cui si accompagnava prima. Nelle birrerie e nei pub, frequentati dai ragazzi, taralli e birra formano attualmente un duo ben affiatato, e particolarmente richiesto. Grazie a queste nuove abitudini di consumo, attualmente il tarallo lo si trova pure al supermercato, per lo meno nelle catene migliori. Ben impacchettato, confezionato sotto vuoto, con l'indicazione: "riscaldare prima dell'uso". Non c'è bisogno del forno a microonde: è sufficiente un semplice termosifone, per sprigionare quel po' di calore che basta perché la sugna liberi nuovamente tutto il suo aroma, e la mandorla dia il meglio di se. A proposito: l'esame della mandorla è un ottimo test per valutare la freschezza del tarallo. Se è ancor bella dura, ed è profumata, tutto OK. Se invece è molle, e non emana alcun odore, vuol dire che il tarallo e vecchio.

Cari amiche/ci, questa è una mia piccola ricerca che ho fatto su questo delizioso e sublime biscotto rustico che non manca mai a noi napoletani. In giro ci sono diverse ricette e diversi modi di cottura per prepararli. Con la ricetta che sto per trascrivere, direi che è stata quella che maggiormente mi ha soddisfatto perché si avvicina molto ai taralli che vendono nei negozi, qui a Napoli. Basta avere della sugna paesana e delle mandorle di buona qualità per assaporare e degustare il vero tarallo napoletano. 
"PAROLA DI BABBà... PROVARE PER CREDERE!!
COSA VI SERVE:
Un impastatrice
Una ciotola con coperchio
Una lastra da forno
Carta da forno
Un coltello
Manipolazione
INGREDIENTI:
Per la biga:
160 g di farina Manitoba
1 bustina di lievito secco(io Mastro Fornaio della Pane Angeli)
80-90 ml di acqua naturale in bottiglia
Per l'impasto:
450 g di farina Manitoba
180 ml di acqua naturale imbottigliata a temperatura ambiente
240 g di sugna paesana
300 g di mandorle di buona qualità spezzettate con un coltello
14 g di sale fino
3 grammi di pepe nero
2 cucchiaini di di zucchero semolato
PROCEDURA:
La sera prima, fate la biga con la farina miscelata al lievito secco e l'acqua a temperatura ambiente in una ciotola e mescolate il tutto per avere una pasta morbida e un po' appiccicosa come si vede nella foto. Coprite la ciotola con il suo coperchio e lasciate che lieviti per un minimo di 12 ore. Se l'ambiente di casa vostra non è molto freddo lasciate la ciotola col coperchio con sopra un tovagliolo leggero, se invece e l'incontrario mettetela sotto al forno con la lucetta accesa.
La mattina avanti fate l'impasto in questo modo: mettete la farina, la biga, il pepe e lo zucchero e incominciate a impastare con il gancio a uncino a velocità 1, introducete l'acqua, in cui avete sciolto il sale, lentamente e continuate a impastare fino a quando la pasta si stacca dalle pareti dalla ciotola. A questo punto aggiungete le mandorle che avrete spezzettato con un coltello e appena si sono amalgamate all'impasto introducete la sugna e impastate. Appena l'impasto si stacca dalle pareti della ciotola, spegnete la macchina, prelevate la pasta e depositatela in una ciotola e fatela lievitare per un ora.
Riversate l'impasto lievitato su di un piano pulito il quale non andrà ne unto e ne infarinato. Prelevate un pezzo alla volta e formate un salsicciotto lungo 20 cm., portate le due punte verso di voi e formate una treccia(come si vede nella foto). Riprendete di nuovo le due punte e unitele per formare il tarallo. Mano mano che li formerete, sistemateli sulla piastra ricoperta di carta forno allineati e distanziati fra di loro di un centimetro. Quando avete riempito tutta la piastra, metteteli a lievitare sotto al forno intiepidito per un'ora. Avvenuta la lievitazione, non vi resta che preriscaldare il forno(il mio e a gas) a 150°C ventilato. Infornate e cuocete per un'ora fino a quando vedrete che si sono ben dorati e biscottati. Servite i taralli caldi per assaporare tutto il loro aroma, si possono conservare per diversi giorni se sono messi sottovuoto.
N:B.: ci sono diversi modi per la cottura di questi taralli, vi ho dato quella meno impegnativa cioè quella diretta con la sola temperatura descritta. Altri li cuociono con diverse temperature partendo inizialmente con 200°C per i primi 15 minuti, poi a 180°C per altri 15 minuti, poi a 160°C per altri 15 minuti, poi altri 15 minuti a 140°C per farli biscottare. Altri ancora li cuociono per mezzora a 200°C, poi estraggono la piastra dal forno per farli un po' raffreddare e poi li rimettono in forno a 140°C fino a quando si sono biscottati. Vi ho trascritto queste fasi che ognuno adopera per la cottura del tarallo perché è importante la sua biscotta tura per far sì che il suo interno si asciughi bene perché tende a rimanere umido. Spero di essere stato alquanto chiaro in questa mia descrizione. Babbà vi ringrazia di cuore e manda a tutti tanti bacioni affettuosi!!
"BUONA VITA A TUTTI"        
   




martedì 5 novembre 2013

"BIANCOMANGIARE"



PREFAZIONE:
Cari follower, oggi vi delizio con una ricetta semplice che volevo fare da tempo perché mi ricorda molto la mia infanzia vissuta in modo indelebile dove tutto era terso, pulito, nell'aria c'era quell'odore di fior d'arancio e di gelsomino che purtroppo, oggi, non si sente più. Il colore candido di questo biancomangiare rispecchia in tutto e per tutto quel periodo in cui si faceva gran festa quando sapevi che tua mamma o tua nonna ti annunciava di fare un dolce se facevamo i bravi. AZ!E chi si muoveva! Eravamo così felici perché non era da tutti i giorni che si potesse mangiare un dolce, quindi diventava un' avvenimento tale da creare un' atmosfera così magica che ancora oggi ci portiamo dentro chi a vissuto, come me, quei momenti di grande serenità e spensieratezza accontentandoci di piccole cose che per noi diventavano tanto grandi. Sono molto fortunato di avere vissuto la mia infanzia in questo modo, ringrazio il Signore ancora oggi perché sono cresciuto diventando un uomo forgiato da tanti valori che oggi si sono quasi estinti...anzi nun c stann chiù!!
Le ricette di questo biancomangiare c'è ne sono in giro tante, io ho scelto quella cagliaritana la via di mezzo tra quella valdostana e quella siciliana. In quella valdostana usano il latte di mucca mentre in quella siciliana usano il latte di mandorle, in quella cagliaritana usano il latte, l' amido e la scorza di limone, quindi non ho fatto altro che aggiungere una fialetta d' aroma di mandorle, della Pane Angeli che la trovo eccellente, così facendo ho racchiuso, nella ricetta mia, un po' tutti i sapori e gli ingredienti di queste tre Regioni. Ovviamente le varianti e le aggiunte ne sono tante; chi mette cannella, chi mette gocce di cioccolato, chi mette pistacchi, chi mette acqua di fior d' arancio e bacche di vaniglia o scorze d' arancia grattugiate, chi aggiunge la panna e gelatina in fogli per dargli un po' di leggerezza, o addirittura mettere nello stampo dei savoiardi inzuppati di caffè prima di aggiungere sopra la crema per poi farla raffreddare in frigo. Non vi resta che adeguare i vostri gusti a questo semplice budino per creare un dessert nuovo non prima di averlo gustato così come è nato.
COSA VI SERVE:
Uno stampo da budino
Una pentola bassa
Una frusta
INGREDIENTI:
1 l di latte intero fresco alta qualità a temperatura ambiente
100 g di amido di mais
200 g di zucchero semolato
La scorza grattugiata di 1 limone
1 fialetta  di aroma di mandorle della Pane Angeli
ESECUZIONE:
Aggiungere direttamente nella pentola l'amido, lo zucchero e mischiare con la frusta.
Aggiungere il latte piano mescolando senza fermarvi finché si scioglie l'amido e lo zucchero e non si saranno formati dei grumi. Aggiungete la buccia del limone e mettete sul fuoco con la fiamma medio bassa girando con la frusta senza fermarvi sempre nello stesso modo. Appena vedrete che incomincia a ispessirsi allontanate dal fuoco, non dovete fare arrivare al bollore. Travasate subito questa crema nello stampo che avrete bagnato con acqua. Fate intiepidire, quasi freddo, e poi trasferite lo stampo nel frigo a raffreddare per 3-4 ore o anche tutta una notte. A questo punto, toglietelo dal frigo e attendete 5 minuti prima di rivoltarlo su di un piatto da portata, guarnite come più vi piace e servite freddo. 
"BUONA VITA A TUTTI"        


        



sabato 2 novembre 2013

"CIAMBELLINE SCRICCHIOLOSE LAZIALI"














 PREFAZIONE
Oggi vi propongo una ricettina molto semplice da fare, queste ciambelline al vino di marsala. E una ricetta regionale, già dal titolo si può capire da quale regione proviene, appunto il Lazio. Questi biscotti sono davvero una libidine, ideali per un dopo cena, se avete degli ospiti di sicuro vi faranno i complimenti, ma anche per uno spuntino spezza fame al posto di qualche dolcetto confezionato e perché no, anche per una buona colazione. Già dagli ingredienti si può capire di quanto siano genuini, semplici e leggeri. Direi proprio di provarli per capire tutto ciò, una volta assaggiati e farli assaggiare, non si può fare a meno di non rifarli...PAROLA di BABBà...PROVARE per CREDERE!!!!
COSA VI SERVE:
Una tazza da latte per misurare gli ingredienti
Una ciotola
Una frusta
Un setaccio
Una placca ricoperta di carta forno
Una gratella
Manualità
INGREDIENTI:
2 tazze colme di farina "00" di buona qualità
1 tazza non colma di zucchero semolato + quel che serve per impanarli
1 tazza non colma di olio di girasole
1 tazza di vino di Marsala
Una punta di cucchiaino di bicarbonato o di lievito per dolci
Un pizzico di sale
Semi di anice a piacere
PROCEDIMENTO:
In una ciotola mettete lo zucchero, l'olio e il sale e con la frusta mescolate bene.
Aggiungete il marsala e il lievito e mescolate bene per far sciogliere lo zucchero.
Setacciate la farina e aggiungetela piano al composto e mescolate.  
Quando vedete che la farina si è assorbita ai liquidi aggiungete i semi di anice e rivoltate l'impasto su un piano.
Lavorate il tutto con le mani per poco tempo perché lo possiate amalgamarlo, aiutatevi con un po' di farina per il fatto che la pasta tenderà a far fuori uscire l'olio, non vi preoccupate e normale anche quando formerete le ciambelline sarà così. 
Alla fine deve risultare un impasto abbastanza morbido. A questo punto, preparata la placca da forno ricoperta e il piatto con lo zucchero semolato, non vi resta che preparare le ciambelline in questo modo: prelevate dei pezzi di pasta e arrotolateli sul piano di lavoro e formate dei grissini lunghi non troppo grossi di spessore. Divideteli per formare dei grissini più piccoli e prendete fra le mani le due estremità che attaccherete per formare la ciambellina. Buttatela nello zucchero e impanatela su tutte e due le facce schiacciandola un po'. Fatto questo poggiatela sulla placca per allinearla con le altre. Preriscaldate il forno a 180°c ventilato e infornate  per 10-15 minuti circa fino a che vedete che si sono dorate. Sfornate e fate raffreddare su una gratella.
NOTA: potete sostituire lo zucchero semolato con quello di canna per l'impanatura, come pure i semi di anice e il marsala con quello che vi piace. Il mio consiglio e quello di provarli come descritti dalla ricetta e poi in seguito di cambiare a modo vostro gli aromi, ma credo proprio che non lo farete appena li degusterete.
"BUONA VITA A TUTTI"